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Mathieu Baudin: la rivoluzione dei cospiratori positivi

Ci sono esperienze che non si fanno per caso. E per me, quella di frequentare una scuola della Reinvenzione, questa «scuola di Jedi» di cui Mathieu sognava quando era bambino ne è un esempio. Mathieu, è Mathieu Baudin: storico, prospettivista e direttore dell’Institut des Futurs souhaitables (IFs) a Parigi. Futuri desiderabili, si. Perché spesso manca proprio quel desiderio a farci da motore per attuare la transizione sociale ed ecologica che urge, un motore potentissimo, molto di più della paura o dell’essere costretti. Ne parliamo con Mathieu.

Una vocazione nata in Italia. L’Italia occupa un posto molto speciale per Mathieu: ce l’ha «nel cuore, nell’anima e nel gusto». Ha imparato l’italiano da bambino, a Baratti, su una spiaggia nera per le scorie del ferro etrusco. «Mi bastava raccogliere nella sabbia una di queste scorie e potevo vedere l’attrezzo che era stato realizzato duemila anni fa. Quindi c’è una parte del mio amore per la storia, passata e futura, che è nata su questa spiaggia a Baratti.»

Ma cosa c’entra il suo mestiere di oggi con le sue sperimentazioni in archeologia da bambino? Mathieu ci spiega che fare della prospettiva è come fare dell’archeologia del futuro. «Stiamo prendendo elementi di una storia che potrebbe succedere. Storico e prospettivista è un po’ lo stesso mestiere a parte che non si guarda dalla stessa parte. Entrambi raccontano delle storie, e cade a penello perché noi come specie umana ci raccontiamo storie, dalla notte dei tempi e ci crediamo cosi tanto che strutturano le nostre società. E quindi la domanda centrale è: quali storie oggi per le traiettorie domani?»

La prospettiva, una filosofia dell’azione. «L’ideatore della prospettiva, Gaston Berger, parla di un’attitudine prospettiva e la riassume quest’attitudine con: «Vedere lontano, vedere largo, vedere profondo, pensare all’uomo e prendere rischi.» Mathieu ci vede tanto l’attitudine di un capitano o una capitana di nave che va verso la terra incognita che rappresenta il futuro.

« Quali storie oggi per le traiettorie domani? »

Quest’arte di immaginare i futuri, non è nata in tutti i paesi allo stesso tempo. «È nata alla fine della seconda guerra mondiale, nel momento in cui abbiamo dovuto ricostruire questo perimetro europeo che avevamo sapientemente distrutto, e abbiamo dovuto – oltre tutto con delle nuove tecnologie – immaginare il mondo di domani. Ci siamo chiesti se qualcuno sapeva, al di là di avere una semplice intuizione, a cosa potrebbe assomigliare il domani.» E cosi è diventata piano piano una disciplina accademica, sono stati creati dei metodi di prospettiva, dei metodi di scenari per cercare di ristruttuare un mondo distrutto. Se ci pensiamo è il caso ancora oggi: abbiamo la necessità imperiosa di reinventare qualcosa, perché sentiamo bene che se si va avanti così, si va contro un muro. «Dobbiamo fare germinare qui e oggi un altro mondo dentro il mondo che stiamo già vivendo. Una forma di rinascimento!»

Una scuola di futuro per pensare al tempo lungo. L’IFs è l’humus nel quale ha germinato il seme del mio cambiamento, il posto dove ho fatto l’esperienza di un viaggio nel mondo di domani, partendo dalla complessità di oggi per poi passare all’azione. Mathieu ha cofondato questa scuola nel 2011 per far sì che sia un luogo di asilo per «reinventatori di mondo», dove la differenza poteva essere accolta e coltivata. Una delle cose che più mi ha colpita è il fatto di rimparare a riabilitare il tempo lungo, un atto estrememamente importante in questo mondo dove va tutto così veloce. «In realtà è da molto poco che abbiamo questa visione a breve termine che si è intromessa nelle nostre vite – in maniera subdola tra l’altro – perché non mi ricordo di un referendum europeo per dire che l’orizzonte di tempo politico, economico, industriale doveva essere meno di due anni! I nostri nonni, da qualunque paese venivano, dalla Toscana alla Lozere, ci ricordavano ad esempio che chi va piano va sano e lontano. Se pensiamo ai re – anche se sono molto felice di essere republicano – i re piantavano delle foreste per permettere ai loro nipotini di costruire la propria flotta di navi.» Ecco, il breve termine non è sempre stato l’orizzonte di tempo del mondo e Mathieu ce lo conferma, riabilitare il tempo lungo è tornare ad una parte di essenziale di cui ci siamo dimenticati.

Credito: IFs

La fine di un mondo non è la fine del mondo: una delle tante frase dell’ecosistema dell’IFs che mi è stata d’ispirazione e mi ha toccata molto, in linea con «è troppo tardi per essere pessimista», una citazione famosa di Matthieu Ricard, l’ambasciatore francese del Dalai Lama. «Credo che sia tutta una questione di energia. La rabbia è un energia che è spesso salutare. L’indignazione è un’altra energia. E nella storia dei movimenti che hanno cambiato le cose, non credo che la rabbia sia stata il motore. Credo invece che il desiderio sia stato il motore. Nella resistanza in Francia, a un certo punto, minacciati, sotto la dominazione tedesca, hanno immaginato « I giorni felici », il programma politico del dopoguerra. Hanno sentito il bisogno di raccontarsi perché facevano questo piuttosto che semplicemente dirsi contro cosa stavano combattendo».

Per questo motivo, Mathieu si è impegnato a costruire una comunità di cospiratrici e cospiratori positivi. « Conspirare è una parola latina che ci lega, noi cugini italiani e francesi, e significa respirare insieme. Penso che quello di cui abbiamo bisogno adesso è un soffio per pensare diversamamente e questo soffio deve essere comune, come una vibrazione di civilizazzione.» I cospiratori positivi sono lucidi sullo stato del mondo e hanno deciso di contribuire a qualcosa di diverso, senza aspettare che scenda dall’alto, senza aspettare che qualcuno lo facciano per loro e sono mossi da un’energia d’avventura. «C’è comunque una grande avventura nella nostra storia: non è la fine di un mondo, è la nascita di uno nuovo. Per dire il vero, sono entrambe le cose. Siamo in quella risonanza di una foresta che cresce all’interno di una foresta che cade ed è esattamente così che avviene la successione di una foresta nell’altra. Non è una foresta poi un’altra, è una foresta dentro un’altra, è un’evoluzione e credo che siamo a questo preciso punto della storia, in un’evoluzione di civilizzazione. Tra l’altro tra 100 anni chiameremo questa epoca magari ancora una volta « il Grande Caos » – non sarebbe originale – o si dirà forse che è « «la Grande Metamorfosi ». E i nostri nipotini ci chiederanno : «Nonna, nonno, allora te nella Grande Metamorfosi, cos’hai fatto?» I cospiratori e le cospiratrici positivi si impegnano, al proprio livello, mossi da un’energia di esplorazione, di avventura. Si sentano solitari, anzi si sentivano solitari – adesso siamo sempre di più ed è sempre più entusiasmante.»

Un’idea per dei futuri desiderabili. Come seme nella foresta che cresce, Mathieu ci lascia con un’idea: quella di mettere dei corsi di futuro vicino a quelli di storia a scuola. Perché? «Perché adesso si insegna il presente alla luce di quello che è stato e io adoro l’imperatore Tetricus – un imperatore usurpatore nella Roma che affondava – ma c’è qualcosa che manca nel periodo singolare in cui siamo, quindi raccontare la storia di cosa potrebbe avvenire è arricchente per mettere in luce il presente invece di raccontare solo le storie passate. E sopratutto partirebbe l’immaginario e penso che sia la battaglia preliminare a tutte le battaglie. Aprire i futuri, se fatto bene, libera il presente.» 

Il nuovo Rinascimento. Prima di lasciarlo andare, non ho resistito alla tentazione di fargli un’ulteriore domanda: se immaginiamo il tempo lungo, che ruolo ha da giocare, l’Italia per liberare gli immaginari? «L’Italia in generale, e la Toscana in particolare, ha dato vita il Rinascimento e trovo che siamo in un nuovo Rinascimento, il quale è abbastanza incredibile! Non ci sono stati così tanti periodi storici in cui l’umanità ha partecipato a un cambio di civilizzazione e ancora meno in cui l’umanità è stata consapevole di partecipare a un cambio di civilizzazione. Perché prima, durante il Rinascimento non erano in tanti a Firenze e poi, non credo che fossero in grado di immaginare quello che stava per accadere. Stavano proponendo una nuova via. Noi, in più, siamo consapevoli di proporre una differenza che sta per generare qualcosa. È incredibile! Penso che durante il neolitico, non avevano idea che diventando sedentari stavano per trasformare tutta la civilizzazione umana, vedi! Noi invece sentiamo che siamo vicino a quello, dunque parlare di questo nuovo Rinascimento a Firenze, o a Siena o che ne so… per provare a vedere insieme come partecipare a quest’avventura potrebbe essere un sogno ad occhi aperti che condivido.»

Appello lanciato!

Camille Descour

Saperne di più: Institut des Futurs souhaitables

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